Biblioteca delle Avanguardie

I materiali appartenenti alle avanguardie storiche del Novecento, sovente prodotti nell'urgenza della propaganda e comunque affidati a un ideale di intervento nel corpo vivo della società piuttosto che nel delicato laboratorio delle Arti, si rivelano sovente oggi di condizioni editoriali mediocri e in deplorevole stato di conservazione. La "Biblioteca delle Avanguardie" nata sul presupposto della decisiva importanza delle avanguardie di primo Novecento per lo sviluppo del nuovo corso delle arti (cioè anche della coscienza del loro impatto sociale) vuole far fronte a entrambe queste esigenze: da una parte restaurando i testi attraverso la ripubblicazione con tipi originali e preservandoli dalla fisica scomparsa cui il degrado dei supporti tenderebbe a destinarli; dall'altra restituendo ad essi tramite una nuova dignità editoriale una importanza e visibilità consone al rilievo che ebbero nello svolgimento delle arti del Novecento.

Il tempo e lo spazio morirono ieri
ISBN 9791280961150  -  pagg.  352   euro 25,00

Futurismo, Dadaismo e Surrealismo sono i tre movimenti artistici che hanno segnato nella prima meta del XX secolo quella autentica rivoluzione che ha per sempre mutato il rapporto tra artisti creatori e società civile. Il ‘primo mobile’ di questa rivoluzione e stato certamente il Futurismo. Nelle opere dell’artista futurista le voci possenti delle macchine e delle folle hanno creato una bellezza nuova chiamata a superare le più celebrate testimonianze dell’arte classica.

Il Futurismo è qui visto nei principali aspetti della sua lunga esperienza (1909-1944) che comprendono l’attacco polemico all’architettura della lingua e del discorso, alla filosofia e in particolare al neoidealismo italiano, al dannunzianesimo.

Il teatro fu la vera palestra della diffusione del Futurismo, anche perché consentiva l’incontro-scontro con il vasto pubblico; il Futurismo fu, in parte almeno, spettacolo, e il teatro delle sintesi rispondeva all’implicita esigenza di incarnare denuncia e offrire sorpresa. A questi aspetti si dedica qui il posto che meritano e che spesso sembrano trascurati.

Dadaismo e Surrealismo sono poi chiamati a completare il quadro dello sviluppo delle premesse che il Futurismo aveva offerte.



391
ISBN 9788895310695  -  pagg. 118  -     euro 30,00

Esauritasi con il dodicesimo numero a fine 1915, la rivista di Alfred Stieglitz 291 alla quale a New York aveva collaborato, Francis Piacabia decise di continuarne l’esperienza. Rientrato in Europa si stabili a Barcellona e nel gennaio 1917 fece uscire il primo numero di 391 rivista artistico- letteraria che lungo 19 numeri giunse fino al 1924 (attraversando la stagione dadaista, e fino alla pubblicazione del manifesto del Surrealismo). Doveva essere una rivista con netta caratterizzazione artistica, ma fini con l’essere prevalentemente letteraria. Picabia (Parigi 1879-1953) pittore e scrittore legato a Duchamp e a Man Ray, influenzato dall’opera di Apollinaire e Jarry, aiutato dai numerosi artisti rifugiati a Barcellona all’incupire della guerra, riuscì a creare una rivista di provocazione avanguardista che resta un esempio dell’ampio panorama della ricerca artistica di quegli anni. Un iconografo di alto livello che è anche un esperto di tecnologie digitali, Marco Audone, dopo aver ricostruito e salvato 291 è riuscito a ripetere l’impresa e ha ricostruito tutti i numeri di 391 riportandone le pagine alla qualità originale.

Picabia ebbe a modelli riconosciuti dopo la rivista di Stieglitz due altre testate, ‘La Voce’ di Prezzolini (1908-1916) e ‘Der Sturm’ di Herwat Walden (1910-1932). Da quegli esempi seppe trarre una creazione originale la cui voce reclamante la libertà delle arti risuona tuttora.




PICASSO - APOLLINAIRE Il Carteggio
ISBN 978-88-95310-59-6 - pagg. 188 euro 30,00

L’incontro tra Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire, in un caffè parigino di un boulevard quasi periferico parve realizzare quello straordinario incontro tra pittura e poesia che sin da tempi antichi era vagheggiato. Era l’alba del ventesimo secolo, la ‘belle époque’ furoreggiava, e mentre l’Europa si dirigeva in assoluta incoscienza verso la catastrofe della Grande guerra a un tavolino di caffè si preparava una lucidissima rivoluzione nelle arti che avrebbe trasformato per sempre la nostra sensibilità verso la creazione artistica.

Stranieri entrambi -uno spagnolo e un polacco, ed entrambi decisi ad affermarsi nella Parigi allora capitale delle arti- i due artisti fecero presto a riconoscere la comune sete di novità, la genialità inventiva, l’impegno nello studio che avrebbero portato tanto clamorosi rivolgimenti. Il più percepito fu naturalmente il cubismo di Picasso e Braque, assistito dalla vigorosa propaganda di Apollinaire; ma l’origine del movimento -già negli anni del Bateau Lavoir a Montmartre- va certo ricercata nel continuo dibattito, anche sulla rivoluzione scientifica, vivo tra gli amici che si riunivano nello studio di Picasso, un gruppo che fu detto ‘la banda di Picasso’: Max Jacob, Rousseau ‘il doganiere’, Braque, Van Dongen, Pierre Reverdy e Amedeo Modigliani, Guillaume Apollinaire con Marie Laurencin, André Derain, Maurice Raynal, e talvolta vi si affacciavano altri, come Gauguin di passaggio a Parigi, e persino Matisse. Ma c’erano anche sofisticati e non disinteressati visitatori: il mercante Vollard e Gertrude Stein, che erano lì per ‘fiutare capolavori’ come ben scrisse Fernande Olivier.

Questo carteggio -pur apparentemente legato al colloquio affettuoso tra due amici e le loro compagne- restituisce in filigrana il colore di un’età leggendaria della cultura e dell’arte del Novecento.


IL MANIFESTO DEL TATTILISMO
di F. T.T. Marinetti                           euro 35,00


Costruisco una imbarcazione che porterà lo spirito umano verso paraggi sconosciuti.
Intensificate le comunicazioni e le fusioni degli esseri umani, distruggete le distanze e le barriere che li separano.

Mentre gli occhi e le voci si comunicano le loro essenze, i tatti di due individui non si comunicano nulla, da ciò la necessità di trasformare la stretta di mano, il bacio e l’accoppiamento in trasmissioni continue del pensiero.

Queste tavole tattili hanno delle disposizioni di valori che permettono alle mani di vagare su di esse seguendo tracce colorate, la disposizione dei valori tattili permette alle mani di un uomo e di una donna, accordate tra di loro di seguire e valutare insieme il viaggio tattile.
Il piacere che danno si arricchisce dell’inatteso nell’emulazione di due sensibilità rivali, il tattilista esprimerà ad alta voce le diverse sensazioni, la sua improvvisazione sarà parolibera.


UMBERTO BOCCIONI - DALLE LETTERE E DAI DIARI 1908-1916

ISBN 978-88-95310-44-2-  pagg. 256    euro 20,00

Umberto Boccioni è probabilmente tra le personalità artistiche del Novecento meglio indagate; biografie e cataloghi sono numerosi, e molte tra le sue opere o particolari momenti della sua formazione (anzi: autoformazione) sono studiati in contributi che affollano le bibliografie. Eppure il fascino della sua personalità e la qualità della sua produzione artistica sono tali da stimolare inesausta ricerca.

Da sempre hanno poi destato curiosità il suo rapporto con la figura della madre (presente in molte opere), con la misteriosa Ines, poi con la Principessa di Teano l'amore degli ultimi mesi di vita. Vita stroncata nel pieno d'una possente creatività: disarcionato da un cavallo con un moto che tanto idealmente somiglia a quello della Città che sale, una delle sue opere più note.

Boccioni ha vissuto in pieno la straordinaria stagione dell'avanguardia di primo Novecento:  la sua amicizia con Apollinaire, la sua -breve- conoscenza con Picasso (che capì subito che della 'banda' dei futuristi egli era la prima testa), l’amicizia con Ferruccio Busoni, astro del firmamento musicale dei suoi anni, le sue audaci prese di posizione sul cubismo, ci testimoniano che  ne è stato in parte motore egli stesso. Un rivoluzionario dal tratto borghese, con un pizzico di dandysmo, a giudicare dalle molte fotografie che egli si scattava o dalle pose nella quali si faceva riprendere.

Premiata oggi dal mercato l'arte di Boccioni rivela il passaggio graduale attraverso tutte le suggestioni dell'avanguardia: e lancia molteplici sfide dal polimaterismo alle tentazioni dell'astrattismo. Questo volume raccoglie alcune testimonianze dell'itinerario.


 

ALBUM DADA

Storia e Miti della rivoluzione Dadaista a cura di Gianni Eugenio Viola

ISBN 978-88-95310-43-5  -  pagg. 116     euro 25,00

Il Dadaismo emerge sempre più decisamente come uno dei movimenti artistici che, considerando il suo lascito, ha maggiormente inciso nella cultura contemporanea: non solo per la qualità delle opere, né per l'eccezionalità delle sue tematiche, quanto piuttosto per le sue scelte espressive, i linguaggi adottati, il rilievo di molti suoi interpreti. Attivo tra Francia e Germania, Svizzera (dove nacque al riparo dall'esplosione della Grande Guerra) e Stati Uniti dove trovò alla nascita e nello sviluppo terreno assai fertile, il Dadaismo attrasse artisti giovani e già affermati per toni e caratteri dei suoi interventi: che prevedevano l'ironia, spesso la provocazione, il paradosso, l'impiego di linguaggi e materie anche vili, l'idea di un'arte votata a una forte concettualizzazione che non escludeva una rapida obsolescenza. Se molti artisti dadaisti confluirono nel Surrealismo la 'stagione' dadaista rimase per tutti -anche per chi l'osteggiò, e persino per chi come il nazismo la perseguitò e sperò cancellarla- l'istante di svolta per l'arte contemporanea: l'istante in cui l'arte non solo si confrontava con la realtà ma l'introiettava e anziché fare arte del vero, del vero faceva arte.


 

RENATO POGGIOLI,  TEORIA DELL’ARTE D’AVANGUARDIA 

ISBN  978-88-95310-07-7  - pagg. 448      euro 25,00

L'arte d'avanguardia ha toccato la cultura occidentale in ogni sua espressione, lungo tutto il Novecento. Questo studio analizza le tendenze estetiche più profonde che segnarono i movimenti del secolo, dal Futurismo al Dadaismo e al Surrealismo, dal Cubismo all'Espressionismo, tendenze che si sono viste concretizzarsi nelle varie forme di nichilismo, di agonismo, di alienazione stilistica ed estetica. Affronta anche il grande tema delle eredità che sono giunte ai movimenti d'avanguardia dalla tradizione europea, e in particolare dalla rivoluzione romantica, individuando le tappe di una trasmissione di valori (ma anche di interrogativi e di problematiche irrisolte) che hanno formato la nostra coscienza culturale di uomini del ventesimo secolo. Gli studi di storia, teoria e critica delle avanguardie avviati, si può dire, proprio con quest'opera, oggi un vero classico, non si sono da allora mai fermati. Apparsa in Italia a pochi mesi dalla morte di Renato Poggioli Teoria dell'arte d'avanguardia viene oggi restituita agli studi italiani.


LACERBA (1913)

ISBN  978-88-95310-18-3  -  pagg. 304   euro 40,00

Nella sua non lunga esistenza (sessantanove numeri in tutto, dal primo gennaio 1913 al 22 maggio 1915) "Lacerba" rappresentò per qualità e numero delle sue proposte, audacia e valore dei suoi collaboratori, varietà e fortuna dei suoi interventi, l'unica vera 'risposta' italiana alle grandi riviste culturali europee: dalle "Soirées de Paris" a "Der Sturm" o a "Blast". Forse solo l'Almanacco del "Blaue Reiter" nelle sue pagine poté vantare una fortuna e una partecipazione così varia e significativa, ma solo nelle due dizioni (1911 e 1914) del suo unico numero.

Sotto la direzione di Giovanni Papini e di Ardengo Soffici la rivista, dapprima quindicinale poi settimanale, nata anche per offrire luoghi di libertà creativa che nella "Voce" di Prezzolini sembravano compressi, univa alle proposte le provocazioni come gli articoli antidemocratici o in elogio della prostituzione di Italo Tavolato cui si univano le deliziose ironie di Aldo Palazzeschi. Anche per questa via (dall'audacia nel dibattito culturale) "Lacerba" fu una delle voci più attive nella interpretazione dello spirito dell'avanguardia; e non solo italiana poiché al primo nucleo di collaboratori italiani si unirà presto (dopo la famosa serata delle 'Giubbe Rosse' e grazie all'adesione del movimento Futurista) un gruppo di scrittori e artisti internazionali di straordinaria importanza.

Da Apollinaire a Picasso, da Max Jacob ad Arcipenko, da Cézanne a Nevinson, da Theodor Daüber a Remy de Gourmont. Assieme a questi, i nostri Marinetti, Boccioni, Ungaretti, Sbarbaro, Campana, Carrà, Severini, Russolo, Govoni, Sant'Elia e tanti altri segneranno un capitolo nella cultura europea del quale le pagine di " Lacerba" furono straordinarie ospiti e preziosi interpreti.


LACERBA (1914)

ISBN 978-88-95310-17-6   -  pagg. 340          euro 40,00


La rivista “Lacerba” fondata a Firenze da Papini e Soffici costava i famosi ‘quattro soldi’, e veniva in gran parte acquistata dal ceto popolare ed operaio: accoglieva le più disparate collaborazioni sempre in un’ottica di intelligente provocazione. Viene qui riproposto  un  segmento della sua storia: quell’annata 1914 nella quale si consumò l’accordo e s’aprì il contrasto tra gruppo milanese e gruppo fiorentino dei futuristi, si definì la linea bellicista e interventista, si registrarono, tra i tanti significativi, i contributi di Apollinaire (con il famoso manifesto L’antitradizione futurista) e Palazzeschi, presente con liriche come Una casina di cristallo, Postille, Pizzicheria. La massiccia presenza dei futuristi inizia da metà 1913, e su ‘Lacerba’ si pubblicano anche il Programma politico futurista e una Postilla di Papini in occasione delle prime elezioni a suffragio universale (26 ottobre - 2 novembre 1913). 

Ma lo spirito più profondo che animò la creazione e la vita della testata è certo quello contenuto in uno dei punti programmatici dichiarati da Papini: “Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e nel loro desidero di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c'è un piano superiore - dell'uomo solo, intelligente e spregiudicato - in cui tutto è permesso e tutto è legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!”


LACERBA (1915) 

ISBN 978-88-95310-20-6  -  pagg. 272    euro 40,00

Con il numero 22 della sua terza annata, datato 22 maggio 1915, “Lacerba” cessava le pubblicazioni, segnando il tramonto della stagione delle ‘riviste fiorentine’. Il motivo non era il crollo delle vendite (per la verità mai floride) o il venir meno dei collaboratori più prestigiosi, né da ricercarsi in una scelta di Attilio Vallecchi, munifico editore; era invece, paradossalmente, da vedersi nel conseguimento del principale risultato della campagna condotta negli ultimi sei-sette mesi di pubblicazioni: l'entrata in guerra a fianco dell'Intesa. Abbiamo vinto! tuonava Papini nella prima pagina di quell’ultima uscita; e Soffici nel suo Memento concludeva i Principi irrinunciabili con parole che richiamavano l'Introibo del primo numero del periodico: “Mettiamo la sensibilità, l'arte e il piacere, sopra il civismo, il filosofume e il catonismo, / Amiamo più la malattia dell'intelligenza che la salute del bruto eroico”. Finiva così l'avventura di “Lacerba”, capitolo certo non marginale nella vicenda letteraria (e in qualche misura artistica e filosofica del nostro Novecento). Come giustamente ricordava Renato Poggioli nel Proemio a “Inventario”, ≪ogni grande cultura è essenzialmente letteraria, nel senso che lo spirito letterario informa oggetti e interessi molto più vasti della letteratura medesima≫. 

  “Lacerba” ci appare oggi uno straordinario e scintillante assieme di frammenti, di paradossi e di aforismi, che guardiamo con irriverente ma inesausta curiosità.

In Appendice al volume una Nota editoriale sulla storia della rivista, gli indici generali delle tre annate per autori e per tutti i singoli numeri, un indice delle illustrazioni. Contiene anche (Galleria di “Lacerba”) una scelta di immagini fotografiche dei principali collaboratori.


Raccolta completa delle tre annate prezzo euro 80,00


ANNE CAUQUELIN, LE TEORIE DELL'ARTE

ISBN 978-88-95310-30-5  -  pagg. 160     euro 24,00

Opera densa di prospettive interpretative dell'arte del XX secolo, Le Teorie dell'Arte di Anne Cauquelin, studiosa e artista francese (docente di estetica alla Sorbona è infatti anche un'affermata creativa) porta nel dibattito sulle arti del Novecento una voce inconsueta e certamente degna di attenzione.

Le Teorie dell'Arte ripercorre l'evoluzione delle teorie estetiche fino alla loro implosione davanti al 'discorso' pratico della pubblica opinione, che ne ha in qualche maniera limitato il significato e vanificato l'impatto. Anne Cauquelin ha toccato -nella sua vasta produzione saggistica- alcuni dei temi più sensibili per la cultura non solo filosofica contemporanea (L'invention du paysage, 1989; Petit traité d'art contemporain, 1996; L'art du lieu commun, 1999; Fréquenter les incorporels, 2006) e in questo brillante studio offre con un linguaggio ad un tempo semplice e profondo la sintesi del suo  lungo lavoro.

Opera premiata dalla Commissione italo-francese per le traduzioni, pubblicata in Francia dalle Presses Universitaires de France.


291

tavole a colori di grande formato

ISBN 978-88-95310-16-9  -  pagg. 60     euro 80,00


Francis Picabia e Alfred Stiegliz sono due delle figure tutelari dell'avanguardia del Novecento. Si incontrarono a New York una prima volta nel 1913 in occasione della clamorosa esposizione dell'Armory Show dove Picabia esponeva. Si rividero anche grazie a Duchamp, in occasione dei soggiorni di Picabia in America negli anni 1914-15. Stieglitz aveva fondato la rivista “291” (dal numero civico della sua galleria d'arte: vi esponeva anche molta fotografia, frutto del suo lavoro precedente per l'altra sua rivista 'Camera work') e chiese a Picabia di collaborarvi. Della rivista della quale presentiamo tutti i numeri pazientemente ricercati e ricostruiti, grazie all'impegno di un esperto del livello di Marco Audone, Picabia fu attivo collaboratore, a contatto con Marius de Zayas e Marcel Duchamp. Iniziò in quest'epoca (1915-16) la produzione del “periodo meccanico” dell'artista, tesa a elevare a significato e valore di opera d'arte l'oggetto banale. Nell'azione tesa a “ridicolizzare l'arte del conformismo ufficiale”, Picabia precorse (con Duchamp e Man Ray) il Dadaismo nell'ambito del quale svolse parte attiva dopo il suo rientro in Europa nel 1918, prima a Zurigo e poi a Parigi. Nel 1917 il pittore aveva dato vita a Barcellona alla rivista “391”, che raccolse in diciannove numeri, pubblicati in diverse città fino al 1924, i suoi scritti corrosivi e le sue ironiche fantasie.  Della eclettica attività di Picabia si ricordano le illustrazioni per il Pescatore d'anime di Maurois, la realizzazione con René Clair del cortometraggio surrealista Entr'acte (1924), la creazione delle scene e dei costumi per il balletto Relâche di Erik Satie. Tra le sue opere letterarie: Poèmes et dessins de la fille née sans mère (1918).


DADA

Sempre DADA/DADA per Sempre

ISBN 978-88-95310-13-8  -  pagg. 160 euro 50,00


 Il 5 febbraio 1916 al numero uno della Spiegelgasse di Zurigo, una coppia di intellettuali antimilitaristi, Hugo Ball, regista teatrale, e la sua compagna e ispiratrice, la cantante e attrice Emmy Hennings, aprì un piccolo locale intitolato 'Cabaret Voltaire'. Pochi giorni prima un comunicato diffuso per le vie di Zurigo aveva annunciato: «Cabaret Voltaire. Sotto questo nome un gruppo di giovani artisti e scrittori si è formato con lo scopo di creare un centro per l'intrattenimento artistico. L'idea del cabaret è che gli artisti ospiti offrano esibizioni musicali e letture negli incontri quotidiani. I giovani artisti di Zurigo, qualunque sia il loro orientamento, sono invitati a partecipare mediante suggerimenti e contributi di ogni tipo». Il locale era minuscolo: meno di una cinquantina di posti attorno a un piccolo palcoscenico. Vi confluirono poeti, pittori, musicisti, rivoluzionari, spie, giornalisti e curiosi d’ogni risma e provenienza, in una babele di lingue che imponeva una generosa semplificazione e un’ardita inventiva. Chiuso presto il 'Cabaret Voltaire' il movimento che esso aveva generato (che senza se ne chiarisse mai il motivo scelse di chiamarsi Dada) ebbe per la maggior parte del suo non lungo arco di vita tra il 1917 e il 1922 nella rivista 'Dada' una sorta di organo programmatico. 

Il dadaismo si riconobbe dapprima nel gruppo che animò il 'Cabaret Voltaire' a Zurigo ma comprese poi, tra Zurigo e Parigi, oltre a Tzara, Huelsenbeck, Arp, Janco, e la coppia Hugo Ball - Emmy Hennings, anche Grosz, Prampolini, Reverdy, Aragon, Breton, e ancora De Chirico, Evola, Picabia (e tanti che è persino impossibile tutti ricordare).  Ne offriamo qui per la prima volta una riedizione corretta completata con una serie di indici che la rendono unitariamente consultabile e una appendice di fotografie che ci restituisce il mondo dell'esperienza dadaista.

ISBN 978-88-95310-13-8 Euro 50,00


RICHARD HUELSENBECK, DADA ALMANACH  - E. Reiss Verlag, Berlino  1921

ISBN 978-88-95310-12-1  - pagg. 170  euro 15,00

Nato e sviluppatosi negli anni più tragici della Grande guerra il Dadaismo stentò a definirsi ‘movimento’. Ancora nel 1920 Marcel Duchamp poteva affermare di non sapere bene cosa esattamente fosse, e Hans Arp, ricordando gli anni della sua esperienza dadaista, affermò che “senza conoscerci l'un l’altro lavoravamo tendendo un po’ tutti verso lo stesso obiettivo”. Nella Zurigo come nella Ginevra del 1916, le esperienze artistiche si trovarono a confronto, in un microcosmo nel quale l’esplosione dadaista appare oggi non sorprendente. La scintilla fu provocata dall’apertura il 5 febbraio 1916 di un piccolo locale intitolato Cabaret Voltaire da parte di una coppia di artisti, convinti antimilitaristi che già a Berlino, l’anno prima, aveva dato filo da torcere alle Autorità di polizia: Hugo Ball, regista teatrale, e la sua compagna e ispiratrice, la cantante e attrice Emmy Hennings. Nell'Almanacco qui riprodotto (in edizione tedesco/francese con parti italiane) figura un telegramma a D'Annunzio, che nei giorni dell'edizione occupava Fiume coi suoi 'legionari', esaltandone l'azione.


IL CAVALIERE DELL'APOCALISSE.

George Grosz, il Dada a Berlino e la mostra nazista dell'arte degenerata. 

(a. c. di Anna Fattori)

ISBN 978-88-95310-22-0  -  pagg. 96    euro 22,0

Come tutti i grandi fenomeni storici la caduta della Repubblica di Weimar e la presa del potere da parte di Hitler e del nazionalsocialismo ha avuto significative testimonianze artistiche. Alcune sono note, almeno a grandi linee (come la vicenda dadaista e la sommossa spartachista); altre, pur di grande rilevanza, sono quasi dimenticate. È il caso della 'Mostra dell'arte degenerata' voluta dal nazismo nel 1937, mostra itinerante che toccò quasi tutte le grandi città della Germania e dell'Austria e che sulla base di un fosco ideale collegamento tra ideologia e arti (che vedeva queste ultime destinate a produrre immagini di un popolo felice nel lavoro per la supremazia di una mitica razza guidata da un capo infallibile) tentò di distruggere, di sradicare l'arte delle avanguardie. Hitler, Goebbels e Rosenberg diressero la loro linea repressiva e censoria verso tutti quei movimenti che in qualche modo potevano offrire al popolo strumenti di indagine e di critica sociale. Il dadaismo, l'espressionismo, la 'nuova oggettività',  il surrealismo, ma anche l'impressionismo e il fauvismo e persino il cubismo furono condannati come movimenti 'degenerati', come gli artisti  che si esprimevano in quei linguaggi. Anche l'astrattismo fu percepito come “un'insolente provocazione” conseguenza della “lacerazione del disegno” a sua volta ritenuta conseguenza del “consapevole disprezzo dei fondamenti tecnico-artigianali dell'arte figurativa”, come si legge nella Guida alla mostra. Queste vicende hanno nelle pagine di Anna Fattori (docente di lingua e letteratura tedesca presso l'Università di Roma 'Tor Vergata') una stringente e documentata esposizione. La traduzione dei testi della Guida della 'Mostra dell'arte degenerata' e altri, connessi a un capitolo che rischiò di cambiare la storia dell'arte occidentale è stata affidata alla maestria di Giorgio Medici.


GILBERT CLAVEL, UN ISTITUTO PER SUICIDI –  Bernard Lux, Roma, 1918 

ESPRESSIONI D'EGITTO – Valori plastici,  Roma 1920

ISBN 978-88-95310-04-6 –  pagg. 120     euro 25,00

Di agiata famiglia svizzera, Gilbert Clavel (1883-1927) si laureò in archeologia nel 1907 e si stabilì in Italia, tra Capri (dove possedeva la villa ‘La Saida’) e Positano (dove comprò una torre). Era piccolo e deforme, ma brillante e generoso, e riuscì -poliglotta, e forte del fascino della sua cultura cosmopolita- a diventare per diversi anni un punto di riferimento obbligato per gli artisti e intellettuali che frequentavano l'isola di Capri (compresi Djaghilev, l’impresario dei ‘Balletti Russi’, Picasso, Cocteau e Marinetti). Conobbe nel 1917, avvicinatosi ai futuristi, Fortunato Depero, con il quale instaurò un intenso sodalizio artistico; Depero illustrò il più noto testo di Clavel (Un istituto per suicidi, tradotto da Italo Tavolato e pubblicato a Roma nel 1918); sempre con Depero, Clavel realizzò i ‘Balli Plastici’ che, presentati a Roma al Teatro dei Piccoli il 15 aprile 1918, rimasero uno dei punti qualificanti di tutta una stagione del Futurismo artistico (collegandosi anche con la famosa Ricostruzione futurista dell’universo).

Viaggiatore instancabile, Clavel pubblicò nel 1920 Espressioni d’Egitto (che qui per la prima volta si ripresenta al pubblico, unito al testo ‘maggiore’). 


LIBERO ALTOMARE (Remo Mannoni), INCONTRI CON MARINETTI E IL FUTURISMO - Corso, Roma 1953 

ISBN 978-88-95310-03-9 - pagg. 82      euro 15,00

Libero Altomare (nome d’arte indicato da Marinetti per Remo Mannoni, 1883-1966) iniziò la sua carriera letteraria nell’alveo dannunziano: con una piccola raccolta di versi stampata in proprio nel 1908, Rime dell’Urbe e del Suburbio, e una rivista letteraria (‘Primo Vere’) che non ebbe successo. La sua seconda raccolta, Procellarie, stampata nel 1909, gli aprì invece le porte di ‘Poesia’ (la splendida rivista di Marinetti) e gli fruttò l’invito a entrare tra i primi nel movimento futurista. 

Alcune sue creazioni furono lette in occasione delle serate futuriste, sin da quella al Politeama Rossetti di Trieste (12 gennaio 1910) e del Teatro Lirico di Milano (15 febbraio 1910). Fu Altomare a presentare Umberto Boccioni, che aveva conosciuto a Roma, a Marinetti e agli altri futuristi. Tra il 1910 e l’entrata in guerra dell’Italia Altomare partecipò attivamente alla vita del movimento, fondando il gruppo romano. Nel 1920 portò a Fiume gli aiuti raccolti a Roma. Fortemente critico nei confronti del regime fascista si allontanò dal Futurismo quando la convergenza del movimento con il regime gli parve accentuarsi.


FRANCESCO MERIANO, EQUATORE NOTTURNO

ISBN 978-88-95310-25-1  - pagg. 60      euro 20,00

Francesco Meriano (nato a Torino nel 1896) aderì al Futurismo, dopo un travolgente incontro con Marinetti nel 1916, con Equatore Notturno, l'opera che ripresentiamo ricostruita nella sua architettura originaria. Meriano fu amico e corrispondente dei maggiori intellettuali e sperimentatori letterari dei suoi anni: Apollinaire, Cendars, Cončarova, Tzara. Nel 1916 fondò con Bino Binazzi a Bologna la rivista “La Brigata”, testimone della ricerca di un' apertura dialettica nei confronti della cultura d’oltralpe. 

Nazionalista e interventista (nel '19 fonda in Romagna il primo Fascio di combattimento) entrò in politica attraverso un’intensa attività giornalistica (sarà collaboratore del “Popolo d’Italia” 1921-1923, vice direttore de “Il Resto del Carlino” nel 1923, e direttore insieme a Dino Grandi della Casa Editrice Imperia). Nel 1928 Meriano intraprende la carriera diplomatico-consolare; inviato prima a Odessa, poi a Rabat, dove fonda il quindicinale conservatore “L’Ala Italiana” (1932), poi a Spalato ed infine, come ministro plenipotenziario, a Kabul, dove muore nel 1934. L'immensa corrispondenza di Meriano comprende migliaia di lettere indirizzate a oltre 550 destinatari di grande rilievo.


GOBETTI E IL FUTURISMO – UN'ANTOLOGIA DI SCRITTI CON GLI INDICI DELLA “RIVOLUZIONE LIBERALE”

ISBN 978-88-95310-10-7  -  pagg. 148    euro 20,00

ISBN 978-88-95310-32-9   SECONDA EDIZIONE

La figura di Piero Gobetti, meteora intellettuale di straordinario e fugace splendore, è certo ad un tempo centrale ed eccezionale nel panorama italiano degli anni che videro la nascita e rapida affermazione del Fascismo. Centrale per l’aver saputo raccogliere intorno alle sue iniziative tutta, si può dire, l’intellighenzia antifascista (fosse essa liberale, socialista o cattolica) ed averne in qualche modo coordinata la voce al suo disegno di liberale (e libertario) convinto. Abbiamo qui raccolto non solo i testi di Gobetti nei quali Marinetti personalmente e il Futurismo sono esaminati ma anche quelli nei quali Gobetti tocca temi, persone, circostanze, che al Futurismo si connettono.

Il metodo critico di Gobetti era fondato sull’intransigenza morale e su un forte attacco al moderatismo politico; almeno per quest’ultimo aspetto l’interesse per il Futurismo non poté mancare di accendersi, anche per le perplessità sulla ‘modernità’ che per entrambi (Gobetti e Marinetti) pur nella diversità delle posizioni non poteva ritenersi un fatto acquisito, ma un processo faticoso e necessitante continuo nuovo alimento. A questo materiale sono stati aggiunti gli indici completi della “Rivoluzione Liberale” per evidenziare la vastità e la eccezionale qualità della collaborazione che Gobetti riuscì a ottenere.


JOSEPH LOUIS LECORNU,  LA NAVIGATION AÉRIENNE.  Paris 1904

ISBN 978-88-95310-14-5  -  pagg. 444     euro 40,00


Aveva diciott'anni Joseph Louis Lecornu, quando fece nel 1883 un'ascensione in pallone aerostatico e pubblicò un articolo su Considération sur l'aérostation au point de vue des études économiques (L'aerostatica considerata sotto il profilo degli studi economici). Fu l'inizio di un interesse durato tutta la vita. Quando si diplomò ingegnere civile (a 24 anni) era già da qualche tempo membro della 'Société de navigation aérienne'. La sua passione per il volo lo portò a interessarsi dei grandi esperimenti di volo a vela di Lilienthal e di Chanute (il consigliere dei fratelli Wright che ne farà conoscere in Europa gli esperimenti e i successi). Lecornu non era tuttavia solo uno studioso: realizzò un aliante frenato (Cerf-volant étagère) che vincerà il premio dell'Esposizione Universale del 1900 e che sarà usato prima e durante la Grande Guerra per scopi metereologici e per la fotografia aerea. Il suo lavoro più noto, La navigation aérienne, vedrà la luce nel 1903 mentre l'applicazione dei motori all'aereonautica diventerà una realtà; l'opera che figurava nella biblioteca di Marinetti conoscerà un successo tale da venire ripubblicata l'anno seguente nella versione definitiva che qui presentiamo ma con tutto il suo ricco corredo di illustrazioni, e decine di fotografie d'epoca.


MARIO MORASSO, L'IMPERIALISMO ARTISTICO 

Biblioteca di Scienze Moderne, Torino 1903 

ISBN 978-88-95310-01-5  -  pagg. 356      euro 40,00

Opera di un saggista che sapeva intuire e anticipare gli umori del Novecento che nasceva, L’imperialismo artistico è spesso visto come l’annuncio di alcune tendenze politiche e artistiche che avranno poi ampio sviluppo e non solo in Italia: il nazionalismo e il futurismo. A differenza di altre opere di Morasso che vogliono precorrere sviluppi sociali o tecnologici, questa si concentra sugli aspetti ideologici della rivoluzione della modernità. Con un piglio audace, e sovente divertito, mette alla berlina le timidezze e le ristrettezze culturali dell’Italia dei primi decenni dall’Unità con confronti incisivi che ci danno un quadro suggestivo della posizione italiana nell’Europa nei primi trent'anni della sua vita unitaria. Morasso ad esempio scriveva “Se presso di noi dopo ottenuta l'unità politica l'arte discendeva al realismo nullo delle civiltà popolari, in Germania non se ne ebbe quasi traccia, come non ne ebbe il vano dottrinalismo democratico (...) Oh le magnifiche, le slanciate utopie scattanti verso l'indefinito, come un immenso razzo attraverso la pioggia d'oro verso il mistero dei cieli notturni!”. Delineando così ideali e stilemi che il futurismo presto farà propri.


GIAN PIETRO LUCINI, ANTIDANNUNZIANA 

Studio Editoriale Lombardo, Milano 1914 

ISBN 978-88-95310-00-8  - pagg. 332     euro 40,00

Gian PietroLucini, il grande intellettuale lombardo (1867-1914) amico di Carlo Dossi e animatore di alcune tra le più roventi polemiche di primo Novecento, è noto per alcune opere poetiche (Revolverate, I drammi delle maschere) e saggistiche (e in particolare Ragion poetica e programma del Verso Libero, scritto del 1908 che rappresenta il momento di maggior vicinanza con il Futurismo). Tuttavia anche dopo la ‘rottura’ tra Marinetti e Lucini, dovuta all’entusiasmo non condiviso del patron del Futurismo per la campagna di Libia, i due letterati rimasero sullo stesso fronte almeno per un punto: l’avversione per il dannunzianesimo. Di questa posizione l’Antidannunziana di Gian Pietro Lucini è una sorta di manifesto, nel quale si rinvengono frequenti allusioni alla stagione non dimenticata della collaborazione con ‘Poesia’, Marinetti e il Movimento Futurista. “Il D'Annunzio cambia le apparenze di ora in ora, come cambia vestito. Ma la sua diversità di aspetti è soltanto superficiale, è varietà di truccatura; quel supersensibile è rimasto sempre un perfetto indifferente, un bel tipo di egoista innanzi alle profonde e tremende tragedie umane”. Lucini così, appoggiandosi al Thovez e al giovane Cardile, attaccava l'eclettismo dannunziano sottolineando la psiche varia e ricca di pendenze autogenetiche del futuro Comandante.


FERNANDO CERVELLI, RISATE ESPLOSIVE

Futuredizioni “Le smorfie”,  Roma 1933 

ISBN 978-88-95310-02-2 - pagg. 176      euro 25,00

Fernando Cervelli (1902-1934) appartenne alla generazione di futuristi più accesamente improvvisatori, novatori, provocatori. Era un autodidatta e un entusiasta, e Marinetti (che amava gli autodidatti solo quando avevano il calibro di Boccioni) lo chiamò ‘vulcanico ed esplosivo’ con un pizzico di sarcasmo. Cervelli si ‘vendicò’ fondando il ‘Teatro Vulcanico’ e la ‘Commedia delle Smorfie’ mettendo in scena canovacci sboccati da avanspettacolo, nei quali inseriva il nonsense futurista. Aderì al gruppo romano dei futuristi al tempo delle celebrazioni nazionali per Marinetti (1924); tuttavia già collaborava ad alcuni periodici vicini al Futurismo (accanto appunto a ‘Futurismo’: ‘Oggi e Domani’, ‘Elettroni’, ecc.). Cervelli è ricordato come autore di una decina di volumi di varia ispirazione, non sempre e non solo futurista, che hanno nella raccolta qui ripresentata (Risate e rasoiate esplosive contro  le barbe visibili e invisibili, Roma 1933) un esempio di particolare suggestione nella ricostruzione di un ambiente culturale che reagiva al grigiore della ‘normalizzazione’. La sua opera letteraria, di difficile inquadramento, si avvicina allo spirito e all’ambiente del quale Petrolini fu l’indiscusso campione.


ARNALDO GINNA, PROSE INEDITE E DISPERSE 

ISBN 978-88-95310-26-8  -  pagg. 160      euro 25,00

I fratelli Ginanni Corradini si avvicinarono al Futurismo nei primi anni di vita del movimento; Giacomo Balla li distinse in Bruno Corra e Arnaldo Ginna. Bruno scelse una strada propriamente letteraria, e scrisse uno dei romanzi più significativi tra quanti nacquero nell'alveo del movimento, quel Sam Dunn è morto che anche nelle riedizioni recenti ha riscosso grande successo. Arnaldo Ginna collaborò invece alla progettata cinematografia futurista, purtroppo naufragata, e fu autore di numerosi quadri, acquerelli e disegni che una mostra del 2009 ha riportato alla luce e fatto conoscere al grande pubblico. Ci ha anche lasciato un considerevole numero di prose dal sapore fantastico-onirico, che questo volume raccoglie per la prima volta, presentate e commentate da Giorgio Patrizi. Scritti che illustrano un aspetto della letteratura d'avanguardia: quello che ha nell'ironia e nel paradosso la miglior cifra di lettura.